Galateo e buone maniere nell’antica grecia
Storia e filosofia del Galateo

Galateo nella storia: le buone maniere e l’ospitalità nell’antica Grecia

Buone maniere e regole di comportamento sono da sempre alla base delle diverse comunità umane che si sono avvicendate nella storia: ogni epoca è infatti caratterizzata da diverse regole di galateo che hanno da sempre disciplinato i rapporti tra gli uomini. Un esempio di tali regole, applicate nel mondo antico lo ritroviamo nel concetto di Xenia, identificata nell’antica Grecia con quella che noi oggi intendiamo come ospitalità. Questo che si qualifica come un vero e proprio dovere di natura religiosa, era profondamente incarnato nella spiritualità greca. Da tale dovere si originava un codice specifico di comportamento il quale era caratterizzato da un insieme di prescrizioni che interessavano sia il padrone di casa che l’ospite, il quale poteva essere per il padrone di casa anche un perfetto estraneo, elemento questo che non avrebbe, in alcun modo, limitato o modificato il riguardo da dimostrarsi nei suoi confronti.

 

Per prima cosa il padrone di casa aveva il dovere di rispettare e onorare l’ospite offrendogli cibo e bevande; inoltre tra i doveri dell’anfitrione c’era quello di fornire all’ospite la possibilità di lavarsi e indossare indumenti puliti, senza porre nessuna domanda fino a che lo stesso non si fosse dimostrato disponibile a riceverla e a fornire delle risposte, dopo essere stato messo sufficientemente a suo agio.

 

Al termine della sua permanenza, alla quale non venivano posti limiti temporali di nessun genere, il padrone di casa era tenuto a fare all’ospite un dono, allo scopo di dimostrare quale onore fosse stato avergli potuto offrire ospitalità. Questo dono poteva essere rappresentato da oggetti di diversa natura e preziosità quali oro, tripodi, oggetti di arredamento, oppure cibarie e vino. Vitruvio testimonia l’usanza di offrire all’ospite, ancora in epoca romana quale dono di addio, un quadro di piccole dimensioni raffigurante una natura morta che proprio per la sua funzione di dono all’ospite prendeva il nome di “xenia”: il termine xenia indicava, infatti, non solo l’ufficio dell’ospitalità ma anche l’insieme di doni che venivano offerti all’ospite e gli stessi alimenti ad esso offerti e inviati nelle stanze messe a sua disposizione dal padrone di casa.

 

Ma non era solo il padrone di casa a dover rispettare determinate regole di buone maniere nei confronti del suo ospite. Lo stesso ospite, infatti, era tenuto ad onorare alcune regole identificabili come una sorta di galateo ante temporum, le quali gli imponevano di mantenere un comportamento rispettoso nei confronti dei padroni di casa, dimostrandosi gentile e non invadente; inoltre egli aveva l’obbligo, quando ce ne sarebbe stata occasione,  di ricambiare l’ospitalità. Questa regola di buon comportamento, che definiva un vero e proprio dovere, riguardava non solo il diretto interessato ma si estendeva a tutte le generazioni successive della sua famiglia.

 

Infine una regola generale che caratterizzava la xenia greca era rappresentata dal dovere di portare attenzione a qualsiasi ospite, indipendentemente dal suo status e dal fatto che ci fosse una conoscenza pregressa. Tale valore dato all’ufficio dell’ospitalità era fortemente influenzato da credenze di tipo religioso, le quali ritenevano che dietro l’ospite potesse celarsi una divinità temporaneamente di passaggio nel mondo umano, sotto mentite spoglie.

 

Micaela Canopoli

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