Stiamo passando una Pasqua particolare, inedita, spesso lontana dai nostri cari.
L'uovo sin dall'antichità possiede un valore simbolico potentissimo. Simbolo della vita e della rinascita. Il cristianesimo ha
reinterpretato questa tradizione alla luce delle Nuove Scritture.
Anche se fonti non sono certe molti storici amano ricondurre le prime uova di cioccolato alla corte di
Versailles e a Luigi XIV. Secondo molti fu lui il primo a far realizzare delle uova di cacao dal suo pasticcere di corte, ma sappiamo con certezza che l'usanza di regalare uova in occasione
della Resurrezione di Cristo è una tradizione che affonda le sue radici già nel Medioevo. Ancora prima del Cristianesimo l'uovo è stato un elemento originario e generatore, in Egitto era
l'elemento che racchiudeva i quattro principali elementi ossia aria, acqua, fuoco e terra. Iu Persia era invece consuetudine donare uova come simbolo di
rinascita.
Quindi una storia lunga e affascinate quella delle uova. Utilizzate contro la stregoneria, benedette in chiesa già
nell'anno 1000 durante la Pasqua, un dono prezioso di Edoardo I di Inghilterra ai suoi favoriti o ancora dono della Regina Vittoria in occasione del suo Giubileo di diamante nel
1897.
Le uova più celebri? Probabilmente quelle che realizzò Peter Carl Fabergé per lo Zar Alessandro III di Russia, erano un
dono dello zar per la zarina e il primo esemplare fu in platino smaltato di bianco. Queste uovo avevano un effetto Matrioska, proprio come le uova pasquali che conosciamo oggi. Quello per la
zarina conteneva due doni d'eccezione: un pulcino d'orato e una riproduzione della corona imperiale.
Secondo alcuni l'usanza arriva dalla Russia ma per molti altri furono i maestri piemontesi del cioccolato già nel
Settecento a inserire dei doni all'interno di uova di cioccolato.
Un consiglio di bellezza con le uova per le buone maniere, ecco a voi dalla storia del galateo:
Nel passato, riuscire a conquistare un perfetto incarnato color porcellana e avere una liscissima peau de lune erano delle prerogative essenziali per l’eleganza.
Chi ha frequentato il liceo classico o ha studiato lettere antiche conoscerà bene Ovidio, ma forse non ricorderà i suoi consigli di cosmesi presenti nel Medicamina faciei femineae,
nel quale sono illustrate favolose ricette per conservare il candore della pelle.
Se volete cimentarvi seguendo i suoi consigli, ve ne riporto uno: «Prendere orzo mondato e lenticchie in parti uguali, amalgamare con dieci uova; lasciare asciugare al vento questa
poltiglia e poi farla macinare con una mola ruvida fatta girare da una asina lenta: aggiungere polvere di corna di cervo, setacciare e aggiungere dodici bulbi di narciso senza tunica. Poi
aggiungere spelta e miele... ogni donna che tratterà il volto con tale cosmetico, risplenderà più liscia del proprio specchio».
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